Tenho quatro livros sobre assuntos de História, mas estava ansioso em escrever uma ficção. Rebusquei no meu passado procurando algum assunto que desse um romance ou algo parecido. Inicialmente lembrei-me do ‘Bate Pau’, um personagem muito popular na minha infância. Cruelmente, nós crianças, chegávamos perto dele e o chamávamos pelo apelido. Em resposta, ele imediatamente sacava de um pedaço de pau que carregava, riscava violentamente as pedras das ruas e xingando, ameaçava todo mundo. Não seria interessante criar uma história humanizando um personagem tão maltratado por nós? Não tive dúvidas, abri o arquivo com esse título: ‘Bate Pau’! Pensei também num outro personagem que morava improvisadamente em baixo de um clube de danças, sem as paredes frontais e laterais e que ficava perto de casa. Poderia fundir essas duas ideias.
Da vida desse último só me lembrava de que era um sujeito pobre e simples que coava diversas vezes o mesmo pó de café. Com essas ideias iniciais comecei o trabalho descrevendo o ambiente que ele morava. Quanto ao personagem, imaginei aquele pobre homem fosse um professor em decadência, já que era uma profissão que eu conhecia e assim poderia escrever com conhecimento de causa.
Então aconteceu o inesperado: a história se estabeleceu por seu risco e tomou conta da situação. Já não tinha mais domínio absoluto sobre o andar da carruagem. Tinha ouvido falar nisto pelo relato de outros escritores famosos, como, por exemplo, o Jorge Amado que não conseguia dominar seus personagens. Mas para mim, um iniciante, era um inusitado sem tamanho.
Por exemplo, queria me ater ao ‘Bate Pau’, mas a história não me deixou! Insisti tanto que depois de muita luta ela liberou um cantinho para registrar somente aquele episódio de rua do personagem, mas como um fato sem nenhuma importância no desenrolar da história. Praticamente acabei o deixando de lado, de tal maneira que quando terminei o livro, do ‘Bate Pau’ só restou o nome do arquivo.
Bom, terminei o primeiro capítulo com a descrição do cafofo do professor. Lí para a mulher que não gostou… Achou muito racional e deu uns palpites que, sinceramente, iluminaram a narrativa. Era o toque feminino, romântico e fantasioso que faltava transformando o texto numa forma leve e risonha. Não tive dúvidas: para o bem da história, adotei-a como coautora.
Assim foi indo, a história dirigindo e aceitando ou não minha intervenção. Confesso que ela me conduziu tão bem que na cena final eu chorei. Algumas emocionadas lágrimas, é certo, mas foram lágrimas de emoção.
Tamanho marmanjão!
Aí o título: tinha escolhido ‘O homem que escrevia com números’, mas parece, ela não gostou. Afinal o protagonista, o tal professor, era sabido demais e ‘homem’, uma designação vaga. Com a substituição do ‘homem’ por ‘mestre’ melhorou. Mas ela só ficou satisfeita quando troquei para ‘O Sábio que Escrevia com Números’.
Para o bem ou para o mau, acabou. Está impressa como livro e no próximo dia 31, das 18,30 às 21,30, eu a esposa coautora estaremos lançando na Livraria da Vila, no Shopping Batel.
Una sensazione di pace pervade il cuore di chi attraversa l`Umbria, nella regione centrale dell`Italia.
Lì, le lezioni di San Francesco d`Assisi sono presenti agli occhi del turista: il rapporto con la natura e la tranquillità della vita. Il sole risplende caldo sulla pelle e il vento soffia leggero sulle spalle dopo un inverno difficile. Quando si fa il percorso a piedi, si ascolta da lontano le campane suonando nelle chiese dei piccoli paesi, nella mattina di una domenica di agosto.
Avigliano
Tra una città e l’altra (sono molto vicine in Umbria), andare alla messa prende l`attenzione della giornalista brasiliana a Avigliano Umbro, una provincia di Terni, che è una delle città più importante della regione insieme al capoluogo Perugia. Quest’abitudine domenicale è quasi a perdersi nelle grandi città, in cui il consumo è così radicato nella mente delle persone e il suonare della campana nelle chiese delle città moderne non più se ascolta o si perde in mezzo all`inquinamento acustico e al movimento dei centri commerciali – la visita allo shopping è la agenda di domenica.
Il silenzo
Dal punto di vista della brasiliana un fatto molto intrigante è il silenzio e la mancanza di movimento sulla strada in determinati periodi della giornata. Nella via principale di Avigliano, quella che porta alla chiesa, vicina a piazza centrale, alcuni minuti prima della messa nessuna persona si vede lì, niente, senza rumore, finestre e negozi chiusi. Evidente che è uno sguardo di una brasiliana abituata a diversità di rumore urbano, principalmente in Brasile che anche nelle piccole comunità sempre ha gente sulle vie, venditori ambulanti, movimento e bambini giocando.
La messa
La chiesa senza fedeli, alcuni minuti prima di cominciare la messa, l’ha lasciata sorpresa e lei ha fatto conclusioni precipitate, soprattutto dopo che la signora dell`albergo ha confessato apprensione sulla crisi in Vaticano con la rinuncia del Papa Bento XVI, anche seguita dal voto di speranza per la scelta del nuovo Papa, Francesco, del ventunesimo per ristabilire la fiducia dei cattolici al Vaticano.
Corruzione nella Chiesa
“Che cosa succede?”, si è domandata. “La crisi nell`economia e i rumori sulla corruzione nella chiesa lasciarono il popolo deluso e senza fede? “, ha parlato con sé stessa la brasiliana. “Impossibile un sacerdote celebrare la messa in una chiesa vuota!”. Il rito religioso dovrebbe iniziare fra 10 o 15 minuti e tutto era silenzio nelle vicinanze. Solo lei era dentro della chiesa. Inconcepibile questo, soprattutto nella regione di San Francesco di Assisi, il santo più conosciuto del mondo, che ha insegnato l`umiltà, l`amore per gli animali e la natura.
La città svegliasi
Tuttavia, quando l`orologio suonava alle ore 11:30, tutto era cambiato. La città sembrava svegliarsi come magia e in un giro di testa le fedeli arrivavano e in secondi la chiesa era piena di gente. Le persone venivano da tutte le parti, qua e là, eleganti e con abbigliamenti di domenica, persone arrivando subito come se uscissero dal capello di un mago. Solenne e in silenzio cercavano l`entrata, mettevano l`acqua santa in mano e facevano il segno della croce per dopo sedersi in un posto anche per la soddisfazione del parroco che già era pronto a iniziare la celebrazione.
Fuori contesto? Per gli italiani no! Questo paesaggio tranquillo delle strade nell`interno in Italia è normale. È fatto preciso come il rispetto al momento di riposo dopo il pranzo, dalle 13 alle 16 del pomeriggio. Durante queste due ore non c’è nessuna persona sulla strada. Il turista o qualsiasi persona che non vive lì, si sente dentro di una città deserta, con la sensazione che nessuno vive in quel luogo. Il silenzio è assoluto. Le macchine parcheggiate sulle vie deserte e finestre con le persiane chiuse mostrano che è ora di riposo. Un abitudine che sorprende una brasiliana quando lei si ricorda del Brasile. Secondo la legge nel suo paese è permesso solo una ora di pranzo e normalmente in questo periodo le persone prendono l`occasione per fare qualcosa diversa, non riposare o rilassarsi nelle loro case.
L’abitudine
L’abitudine è di tale modo radicato nella cultura locale di queste cittadine italiane che caso un turista distratto che non ha sentito le ore passare e cerca qualcosa per mangiare dopo mezzogiorno, potrà mettere in rischio il suo pranzo o mangiare in fretta sotto lo sguardo impaziente del padrone di chiudere la porta di sua caffetteria per andare a provare il suo meritato riposo.
Insomma,inutile discutere o cercare di convincere il signore del vantaggio di fare un orario commerciale più flessibile per attrarre più gente al suo negozio. Certamente,quello che importa agli italiani tradizionali è quasi una necessità stoica di mantenere la siesta abituale.
Amelia
La suggestione per chi visita Amelia, in questo caso non è nome di donna come in Brasile, ma una città con l’architettura del medioevo incrostata nella colina e circondata da una valle verdeggiante, è approfittare il momento della siesta della popolazione per conoscere la vista panoramica e in una trance contemplativa portare la memoria al passato.
Un viaggio fascinante, especialmente paragonando il passato con il presente, apprezzando il paesaggio bucolico e il popolo pacifico che vive lì. Talmente diverso del passato, quando gli altri popoli che lì hanno vissuto mille anni fa -umbri, etruschi, romani – in mezzo a tante guerre, conquiste, intrighi e potere. Il fatto è che il tempo ha riciclato queste memorie di guerre nelle generazioni che gli succederanno e ha reinventato nuove persone. “Se il napoletano è conosciuto dalla sua allegria e per essere vivace l’umbro ha il segno della rettitudine del carattere e senso di onestà.”, ha detto con orgoglio un italiano della regione.
Sguardo critico
Basta rimanere un po’ più con gli Umbri per sentire l`ospitalità. Il modo di essere chiuso, serio, sono solo la facciata iniziale. Quando si conquista la sua amicizia, l’umbro è gentile, riceve bene a casa sua, con una buona serata, adora celebrare la primavera e l`estate dopo un lungo e rigoroso inverno. In questo periodo sente piacere in ricevere amici per mangiare all`aria aperta, nel giardino, principalmente quando la casa è situata nella campagna e sulla colina. La vista è magnifica, le olive di agosto sono piene, l`aria è fresca e il cuore rimane leggero al ricordare che la pace di Francisco ha cominciato in questo luogo.
Vivere in una casa a costo zero nel consumo dell`energia e dell`acqua e mangiare cibo senza fertilizzanti artificiali e qualsiasi prodotto chimico non è utopia al gruppo di professionisti che hanno creato il progetto PeR – Parco dell`energia Rinnovabile. http://www.per.umbria.it
Un`area agricola ai rovi e un casale in rovina sono stati lo spazio fisico, la base, per iniziare il lavoro e diventare un sogno in realtà. Una realtà che anche contempla la proposta di vendere l`idea e insegnare la tecnologia a quello ha voglia di imparare.
Progetto sostenibile
Alessandro Ronca, Maria Chiara Pappè, Maurizio Ferrario, Andrea Gubbiotti e Roberta Moretti sono i creatori del progettò e non hanno cercato appena teorie sui benefici dell`agricoltura senza prodotti chimici, della cattura dell`acqua della pioggia, dell`energia eolica, dell`’uso dell’elettricità del sole per il processo fotovoltaico,isolamento termico, tra altre tecniche. Il gruppo oggi offre il locale, con tutta l’infrastruttura, come un esempio pratico delle possibilità sostenibili per mostrare che è possibile vivere di questo modo.
Ecoturismo
Nel parco si può sviluppare l`ecoturismo, gli eventi, i seminari e attività scolastiche, oltre la semplice scelta di una notte con impatto zero nell`ambiente.
“Intendiamo suscitare il desiderioe il piaceredi cambiare, e per riuscirci serve l’esempio. Quando comincia il cambiamento merita informazionipuntuali ed appropriate. Poi, durante il suo percorso, il cambiamento ha bisogno di un supporto concreto e continuato perché ciascuno sia capace di metterlo in pratica. Vogliamo essere felici e rendere felici: risparmiare risorse non è un sacrificio, è il nuovo edonismo, è il nuovo umanesimo.”
Gran parte dell`energia elettrica consumata in Italia provenne dell`estero e il suo costo è alto. Al governo interessa creare progetti come del Parco delle energie Rinnovabali- PeR. E fondamentale i progetti pari al PeR, in cui è possibile provare un altro modo di vivere senza spendere molta energia. Diverse aziende commerciali che vendono le tecnologie nel settore danno sostegno finanziario al gruppo scambiando appoggio e pubblicità.
Per quanto riguarda il programma educativo, il Ministero dell`Ambiente è collaboratore nella proposta didattica.
Sguardo Critico
Iniziativi come questa del PeR, dovrebbero essere copiati e provati, sopratutto da parte non solo di riassumere l`agricoltura e, si, di proporre il ciclo completo di sostenibilità, prendere l’ energia del sole, del vento, riutilizzo delle acque piovane e produzione alimentare, come un sguardo di uno imprenditore, un insegnante e come una cultura a essere introdotta in uno mezzo sociale. Se in Italia, nella regione dell`Umbria, dove l`inverno é lungo e difficile, i professionisti mostrano che è possibile mantenere una casa a costo zero e produrre cibi saldabili, quindi come sarà in Brasile, che c`è abbondanza delle risorse della natura – vento, sole e pioggia di più?
La risposta precisa sarebbe che nel paese ha tutto il necessario per dare certo e anche presentare al mondo la tesi degli italiani dell’Umbria, di vivere migliore con rispetto al pianeta, anche se, nell`attuale congiuntura, sia quasi impossibile ottenere visibilità nel remoto continente sudamericano, principalmente quando il tema è educazione. Da questa parte il paese è nulla emergente – niente di BRIC. Inoltre, la maggioranza degli imprenditori non investe in settori in che il lucro è più sociale e culturale.
Ci sono progetti e iniziativi personali e timidi di alcuni professionisti brasiliani, coraggiosi e impegnati nella proposta di lavorare per una migliore qualità di vita. Spesso usano i propri soldi e sempre soffocati con la politica economica di sfruttamento delle risorse naturale senza limite, con danni incalcolabili all`ecosistema brasiliano. Nell`Internet è possibile trovare qualcosa come Ana Veraldo.http://anaveraldo.blogspot.com.br/p/energias-ecologicas.html
Non c`è più critica d`arte oggi, affermano gli intellettuali che lavorano nello spazio dell’arte nell`Occidente. In Brasile, il famoso poeta e critico, Ferreira Gullar, rafforza il dibattito dicendo che la critica d`arte è sparita nel paese. revista História. com. br.
L`arte è trattata come una mercanzia e fa parte di una guerra che coinvolge la cultura e l`intrattenimento, il mainstream, il dominatore e i subordinati. Nei dibattiti sul giornalismo culturale, quando il tema è posto all’ordine del giorno, la conclusione è che il critico ha perso la sua funzione di mediare nella valutazione di una mostra o un’opera d’arte perché sottomesso al mercato del capitale.
Mancanza dell’argomento
La mancanza dell`argomento critico succede paradossalmente in un momento in cui c`è più spazio per interagire e informare con l`Internet. I più importanti giornali brasiliani si limitano a divulgare attività di intrattenimento – calendari di concerti, teatro, mostre – ogni volta di meno evidenzia il parere del critico, in cui il ruolo è valutare o identificare in uno certo contesto l`opera e l`artista, ma soprattutto armonizzare la varietà delle opinione e innumerabili sensibilità. E lo fa perché è un ricercatore con conoscenza teorica e culturale.
Collezione da Tiffany
Un articolo originalmente pubblicato nel sitohttp://www.collezionedatiffany.com,del giornalista e critico italiano Nicola Maggi, richiama l`attenzione sul tema critica d`arte in Itali,anche se con l’analisi e le dichiarazioni rivelatrici che si adattano alla situazione in Brasile. Ecco l`articolo:
“Giusto un anno fa, in una bella intervista rilasciata aNeuramagazine in occasione dell’inaugurazione di Arte Fiera, il collezionista Giorgio Fasol, ha sottolineato una situazione che è sotto gli occhi di tutti, ma che solo in pochi sembrano avere il coraggio di denunciare in modo esplicito: «Non c’è più critica, oggi.
La scaramucce
Critica sono, al massimo, le scaramucce, le ripicche per cui un critico dice all’altro “la prossima volta te la faccio pagare”». Se il giudizio di Fasol vi sembra eccessivo, scorrete le pagine culturali di uno qualsiasi dei nostri quotidiani o di una rivista di settore a vostra scelta e ne troverete la conferma.
Se escludete le pagine che Repubblica dedica al pensiero di Jean Clair, leggerete solo degli articoli dedicati a mostre su maestri indiscussi dell’arte moderna e contemporanea (poco più che dei bignami di storia dell’arte) e delle recensioni a mostre di artisti che, in questo momento, stanno riscuotendo un discreto successo a livello di mercato o che hanno alle spalle una galleria influente. Niente di più. E la cosa peggiore è che spesso le recensioni sono il frutto di un malcelato copia e incolla dei comunicati scritti dagli uffici stampa delle gallerie o delle presentazioni del curatore di turno, nuova figura egemone nel Sistema internazionale dell’Arte contemporanea.
Con il risultato che, sulla carta, tutto sembra bellissimo e ogni artista bravissimo. Ma che apporto può dare, tutto ciò, al dibattito sull’arte, alla diffusione e alla conoscenza dell’arte contemporanea? La risposta è semplice: nessuno!
Compito del critico
Come spiega Demetrio Paparoni, infatti, «il compito del critico non è stilare classifiche di merito, dare voti e consigli per gli acquisti ma muoversi in parallelo agli artisti di cui apprezza idee e scelte formali, spiegare le opere quando e dove occorre. Solo in questo modo la critica può offrire un contributo al dibattito sui temi aperti dell’arte, proteggendola nel contempo dai nostalgici e dall’azione corrosiva degli epigoni.
Di bellezza, ai nostri giorni se ne produce tanta, compito del critico è chiarire dove si nasconda, come e dove si manifesti, quali verità nasconde o rende palesi». Non solo, la critica ha anche il compito di far emergere, nella sua analisi dell’opera di un artista, i riferimenti alla storia dell’arte, mettendo in evidenza quelli che sono gli elementi innovativi e quelli che, invece, la legano alla tradizione più o meno recente.
Oggi, invece, quando va bene ci troviamo davanti a scritti che sono meri esercizi di stile, esempi di scrittura creativa – spesso ardua da comprendere – che hanno il solo effetto di relegare l’arte contemporanea nel mondo degli addetti ai lavori, mettendo in discussione la credibilità del suo messaggio sociale.
Detto in parole povere, con la decadenza della critica – iniziata negli anni Ottanta – è venuto meno quel ruolo di “mediazione culturale” che è invece fondamentale per comprendere (e far comprendere) a pieno gli sviluppi dell’arte del nostro tempo.
Come se non bastasse, con la scomparsa dalle pagine delle riviste e dei quotidiani della critica militante, che si mette in gioco contribuendo all’emergere di nuovi talenti, è venuto meno anche un importante punto di riferimento per i collezionisti interessati a scoprire cosa c’è di nuovo in giro, ma anche per gli artisti, che nelle parole di un critico potevano (e potrebbero) trovare indicazioni importanti per crescere e affermarsi.
giudizio di merito
Con il crollo delle ideologie, la fine delle avanguardie, la globalizzazione e lo sdoganamento di ogni tipo di linguaggio e di espressione artistica, invece, il dibattito intellettuale si è affievolito, arrivando alla situazione che vi ho descritto in apertura e che, di fatto, coincide con una totale abdicazione della critica ed una conseguente accettazione incondizionata, da parte del mondo dell’arte, di qualunque tipo di opera senza (almeno in apparenza) la necessità di un giudizio di merito: basta che funzioni e, in particolare, che funzioni per il mercato.
E’ qui che si inserisce, spesso sostituendo quella del critico, la figura dal curatore ossia, per dirla con Marco Meneguzzo, «di colui che è informato, che sa organizzare, ma soprattutto che è testimone dell’esistente e del presente, senza voler spingersi oltre».
Personalmente non ho niente contro la figura del curatore, quello che credo sia opinabile è, piuttosto, il fatto che si possa ritenerla sostitutiva di quella del critico. Semmai, dovrebbe essere considerata come complementare.
Che sia indipendente o legato ad istituzioni museali, infatti, il curatore è molto spesso condizionato – in modo più o meno consapevole – dalle scelte operate da quelli che sono i poteri forti del Sistema dell’Arte e, in particolare, del mercato.
E questo, vista l’importanza che ha assunto a livello internazionale la sua figura, si ripercuote anche su componenti “insospettabili” del Sistema come i musei d’arte contemporanea.
Provate a dare uno sguardo ai risultati delle aste degli ultimi anni e confrontateli con la scelte fatte da alcune delle principali istituzioni museali del mondo in termini di mostre temporanee e capirete quello che intendo.
Mondo cambiando
Il mondo sta cambiando sempre più rapidamente e, come accade per altri settori, anche quello dell’arte si trova in un momento intermedio tra un prima e un dopo, alla ricerca di un suo nuovo equilibrio.
E l’incertezza che viviamo è certamente legata a questa situazione. Ma se è anacronistico pensare di annullare completamente i mutamenti in corso, credo che sia fondamentale, per quanto forse velleitario, iniziare a lavorare perché questo processo porti, in tempi più o meno rapidi, ad un riequilibrio tra aspetti economici e culturali del Sistema dell’arte. E, in questo, credo che una “riabilitazione” della critica d’arte sia fondamentale.
Solo ripartendo da un sano dibattito critico, con i suoi contrasti e i suoi scontri, sarà possibile, infatti, far emergere delle “nuove proposte” che siano selezionate con criteri diversi da quelli dettati dal mercato e, quindi, dalle mode del momento.
Solo attraverso un confronto aperto tra visioni diverse, d’altronde, è possibile rivitalizzare un mondo dell’arte – in particolare quello occidentale – che appare sempre più stagnante e omologato dal punto di vista dei linguaggi; in cui artisti della vecchia guardia e talenti emergenti sembrano fare un po’ tutti le stesse cose.
Forse, a livello internazionale, questo potrà essere utopistico, ma se già cominciassimo a farlo in Italia, probabilmente potremmo dare un’utile spinta alla nostra produzione artistica che, da un confronto diretto, non mi sembra abbia niente di meno rispetto a quella di altre Nazioni”.
Maria José Justino, crítica d`arte, professoressa. Foto Mari Weigert
Sguardo Critico
Nicola Maggi presenta la realtà “nuda e cruda”. Un realtà che favorisce il commercio nell’arte e intanto toglie la libertà artistica. I curatori diventano a critici e i critici perdendo l`importante funzione di argomentare, questionare, al beneficio dell`arte.
Il curatore è sempre collegato a quello che lavora o che promuove e a causa di questo legame non si approfondisce negli argomenti critici. La giornalista brasiliana e ricercatrice, Paula Viviane Ramos, afferma essere “cliché” parlare di mancanza di critica d`arte in Brasile, ma se permette alcune brevi riflessioni sul tema, la assente della critica nella media contemporanea.
Curatore e critico
Evidenzia principalmente la differenza tra il ruolo del curatore e critico. “È una nuova funzione dalla logica istituzionale delle arti visive contemporanee e che si differenzia dal critico, che era sostenuto nel discorso e nella mediazione”.
Senza dubbio, è fondamentale la riabilitazione della critica dell`arte, come è proposto dal giornalista italiano. Se in Europa la situazione è urgente, in Brasile diventa una necessità per salvare il paese e preservare sua cultura artistica. La debole partecipazione del Brasile alla due ultime biennali di Venezia è un esempio di stagnazione.
Il padiglione brasiliano è sempre nostalgico con la presentazione delle opere degli artisti già consacrati e po’ sfruttato dai nuovi talenti che esistono nel nostro paese. La biennale di Venezia è solo un esempio di come la cosa funziona quando l`interesse politico e il denaro vengono in primo luogo. E la critica dove è?
Solo l`atteggiamento critico offre elementi per giudicare e apprezzare un`opera d`arte ed è attraverso dell`arte in cui un popolo è capace osservare il processo di costruzione di una società, in questo caso l`arte come mezzo di cambiamento sociale.
Escludendo “Ilustrissima, segmento di Cultura del giornale Folha de São Paulo, rivista Bravo e pochi altri, non c`è spazio per l`arte nella stampa brasiliana e come ha detto il critico e organizzatore della Biennale di São Paulo, Agnaldo Farias, l`arte in Brasile è considerata “il brutto anatroccolo” degli studi umanistici e l`artista è sempre sottovalutato pan-horamarte
Una situazione lamentabile in uno paese che c’è un buon potenziale artistico.
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