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Cascate dell’Iguazù dalla poetica indigena

Nel mese di aprile è stato istituito il Giorno dell’indio (19) in Brasile. Forse sarebbe un modo di ricordare quello che è più brasiliano di tutti gli abitanti e il primo di questo vasto territorio. Quindi, è opportuno raccontare la leggenda delle Cascate dell’Iguazù idealizata dalla poesia indigena. Così, si parla dello cuore dell’indigena e anche del luogo che è tra i più belli del mondo.
Nei tempi primitivi le cascate non erano localizzate in tra due paese: metà nell’Argentina e l’altra in Brasile. Era uno territorio unico dove vivevano gli indigena della tribù Caingangue.
Prima di raccontare le due leggende, che nel passato era trasmesso oralmente del padre a figlio, il lettore deve fare un trasporto mentale al cuore dell’indigena contemplando quello straordinario bene costruito per la natura e fatto dalla mano di Dio.

Cascate dell’Iguazú

Situato nella regione occidentale del Paraná. Il sistema consiste di 275 cascate, con altezze fino a 70 metri, lungo 2,7 chilometri del fiume Iguazú. La Garganta del Diablo (“Gola del diavolo”) (lato argentino), una gola a forma di U profonda 150 metri e lunga 700 metri, è la più imponente, e segna il confine tra Argentina e Brasile. La maggioranza delle cascate è nel territorio argentino, ma dal lato brasiliano (600 metri) si ottiene una visione più panoramica della Garganta del Diablo.

Le cascate sono condivise dal Parco nazionale dell’Iguazú (Argentina) e dal Parco nazionale dell’Iguaçu (Brasile). Questi parchi sono stati designati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità nel 1984 e 1986 rispettivamente. Le cascate di Iguazù sono una delle sette meraviglie del mondo. Da Wikipedia.

Due leggende

Gli indi Caingangues che vivevano sulle rive dei fiumi Iguazù e Paraná hanno messo le divinità delle loro credenze in due leggende. La fonte di questa trascrizione è del libro Paraná Cadernos da Gente n. 3, leggende e racconti popolari di Paraná.

Le Caingangues di questa regione credevano che il mondo era governato da M’Boy o Mbá, un dio che aveva la forma da serpente ed era il figlio di Tupã (il dio maggiore degli indigeni brasiliani).  Il cacique di questa tribù (Igobi) aveva una figlia di nome Naipi, così bella, che le acque del fiume si fermava quando lei le guardava.

A causa della sua bellezza è stata consacrata al dio M’Boy e viveva per il suo culto. Tuttavia, un giovane guerriero di nome Tarobá si innamorò di Naipi. Nel giorno della consacrazione della principessa, Tarobá fuggì con Naipi, in una piroga(barca) fiume abasso.Quando M’Boy ha saputo della fuga è stato  furioso ed è entrato nelle viscere della terra torcendo il suo corpo di serpente. In questa furia si produsse un enorme crepaccio diventando in una gigantesca cascate. I fuggiaschi furono inghiottiti dall’acqua.

La seconda leggenda dice che quando il dio Mbá morì, sua moglie Jacira piangeva senza sosta e si ha seduta su una grande roccia da cui sgorgava un filetto d’acqua. Questo filetto crebbe con le sue lacrime fino a diventare le cascate. Le lacrime di Jacira.

Dicono che se rimanere in silenzo sentirai una voce proveniente dalle acque: Mbá, Mbá, Mbá … Raccontata per: Dalmont Pastorello Benites.

Puerile

Sembra così puerile parlare delle leggende, specialmente come è raccontato… dallo sguardo indigena in questo mondo, in cui tutto ciò che viene fatto oggi è vorace e veloce. Tuttavia, vale come un modo per mantenere viva la storia e preservare una cultura primitiva.

 A celebrare il giorno del indio?

Foto Claudia Andajur. Inhotim
Foto Claudia Andajur. Inhotim

Il giorno è ricordato solo nelle aule. Fuori, gli indigeni non hanno nulla da celebrare. L’uomo bianco ha arrivato colonizzando e insegnando a scambiare il suo territorio per specchi e bigiotteria. Questa irrancidimento continua e indi impoveriti, malati, alcolizzati, scambiano foreste per denaro o vivono oppressi da una costante discriminazione sociale.

La data è stata creata nel 1943 dal presidente Getúlio Vargas. Il 19 aprile è stato scelto al primo congresso indiano interamericano. Celebrare?

No. Credo che non.  Forse rimpiangere la mancanza di rispetto per un’etnia veramente brasiliana. Lamentare le invasioni di riserve indigene per vendite illegali degli alberi nobili delle foreste, discriminazione e perversità al bruciare vivo un indigena in Brasilia, capitale del Brasile, violenze nella costruzione della Usina Belo Monte, costruita sul fiume Xingu. Tutto imposto dal bianco a scopo di lucro e guidato dalla corruzione.

Autentico indio brasiliano che in futuro rimarrà solo alla luce dell’arte e delle sue leggende!

 
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Cataratas do Iguaçu pela poética do índio

Em tempo de histórias, no mês que se instituiu o Dia do Índio (19), para pensar no mais brasileiro de todos os habitantes desse vasto território, é oportuno contar a lenda das Cataratas do Iguaçu idealizada pela poetica indígena. Assim, além do índio destacamos um roteiro de viagem entre os mais belos do mundo

Antes de contar as duas lendas, que nos primórdios era transmitida oralmente de pai para filho, o leitor precisa se transportar para as Cataratas e imaginar o coração daquele índio primitivo apreciando tal beleza e magnitude da mãe natureza.

Certamente, na imaginação dos povos da floresta era precisa elaborar uma história extraordinária! Divina…

Cataratas do Iguaçu

Localizada na região Oeste do Paraná. É um conjunto de cerca de 275  quedas d’água no rio Iguaçu (na Bacia hidrográfica do rio Paraná), localizada entre o Parque Nacional do Iguaçu, Paraná, no Brasil, e o Parque Nacional Iguazú em Misiones, na Argentina, na fronteira entre os dois países. A área total de ambos os parques nacionais corresponde a 250 mil hectares de floresta subtropical e é considerada Patrimônio Natural da Humanidade. Fonte: Wikipédia.

Duas Lendas

Os índios Caigangues, que habitavam às margens dos rios Iguaçu e Paraná, colocam as divindades de suas crenças em duas lendas. A fonte dessa transcrição é dos Cadernos Paraná da Gente no. 3, Lendas e Contos Populares do Paraná.

Os Caingangues dessa região acreditavam que o mundo era governado por M’Boy ou Mbá, um deus que tinha a forma de uma serpente e era filho de Tupã. O cacique dessa tribo (Igobi) tinha uma filha chamada Naipi, tão linda, que as águas do rio paravam quando ela nelas se mirava.

Devido à beleza foi consagrada ao deus M’Boy, passando a viver para o seu culto. No entanto, um jovem guerreiro chamado Tarobá se apaixonou por Naipi. No dia da consagração da princesa, Tarobá fugiu com Naipi, numa piroga rio abaixo.

Quando M’Boy soube ficou furioso e entrou nas entranhas da terra retorcendo seu corpo. Nessa fúria produziu uma enorme fenda que formou uma catarata gigantesca. Os fugitivos foram tragados pela água.

A segunda lenda diz que, quando o deus Mbá morreu, Jacira, chorando sem parar sentou-se sobre uma grande rocha de onde escorria um filete de água. Este filete foi aumentando com suas lágrimas até se transformar nas Cataratas. As lágrimas de Jacira.

Dizem que se apurar os ouvidos escutará uma voz vinda das águas: Mbá, Mbá, Mbá… Fonte: Dalmont Pastorello Benites.

Pueril

Parece tão pueril falar sobre causos e lendas, sobretudo contada pelo olhar do índio nesse mundo, no qual tudo que se faz atualmente é voraz e veloz. Contudo, vale como forma de manter a história viva e nossa cultura preservada.

Dia do Índio?

O dia só é lembrado nas salas de aula. Fora dela, o índio não tem nada para celebrar e nem comemorar.  O branco chegou colonizando e ensinando a trocar terras, por espelhos e quinquilharias. Esse ranço ainda continua e ou índios empobrecidos, doentes, alcoólatras, trocam floresta por dinheiro ou vivem oprimidos por discriminação social constante.

A data foi criada em 1943, por Getúlio Vargas. O dia 19 de abril foi escolhido no Primeiro Congresso Indigenista Interamericano. Celebrar?

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foto Claudia Andujar. Inhotim.

Creio que não. Talvez  para lamentar o desrespeito por uma etnia verdadeiramente brasileira. Lamentar as invasões em reservas indígenas para venda de madeira ilegal, a discriminação e perversidades cometidas, índio queimado vivo em Brasília, violência na construção da Hidrelétrica de Belo Monte, construída no Rio Xingu. Tudo imposto pelo branco com o objetivo de lucro e guiado pela corrupção.

Genuíno índio brasileiro que no futuro permanecerá apenas à luz da arte e de suas lendas!

 

 

 

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Le sorprese di Roma

Cosa che gli italiani non nascondono mai è l’orgoglio al patrimonio culturale e artistico che c’è a Roma – la città eterna. Assolutamente con ragione! Roma offre sempre piacevoli sorprese su ogni centimetro di parete, angolo e vie o qualsiasi palazzo a visitare. Roma è storia e arte!

Questo anno sono stata nella città eterna nel freddo e piovoso inverno di febbraio  e ho trovato uno spazio accogliente anche a buon prezzo alla tasca dei brasiliani, soprattutto di estremo buon gusto. Guardate! La prenotazione è stata all’ultima ora, un giorno prima di ritornare.

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Una vera sorpresa come sempre Roma mi offre ogni volta che la visito. Lo spazio è una galleria d’arte che ospita un hotel. Spiego meglio, una mostra d’arte con la missione di accogliere perché “l’arte è benessere”, secondo il team che ha progettato l’albergo. Nel gruppo che ha proiettato l’albergo la proprietaria è la più appassionata per quello che presenta, infatti, molto più una curatore innamorata del suo progetto o mostra d’arte ‘sogno così sono 2.0’.

L’arte ha fatto parte della vita di Cristina Colini da quando è nata a causa di suo padre. “Sono nata e cresciuta al fianco di un vero artista”, afferma Lei. “Mio padre era un bravo artigiano nella età dell’oro del vitro (oggi soltanto Murano rimane) e a lui piaceva parlare e insegnare a me molto sull’arte.

Arte è benessere!

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Quando affermo sicuramente che lo spazio è accogliente, non mi riferisco al comfort  e al numero di stelle nella sua classificazione turistica, ma alla condizione ludica che offre quando ricopre le sue pareti di opere d’arte. Inoltre, mantenere la vecchia cappella del convento come luogo di meditazione e celebrazione è un segno di comportamento rispettoso nei confronti della storia e degli artisti.

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La cappella merita di essere descritta per possedere una magnifica opera, un panello in mosaico dall’artista e teologo sloveno Marko Rupnik. Il pannello raffigura la scena della morte di Cristo dopo la crocifissione con Giuseppe d’Arimatea e Maria Maddalena. La forza dello sguardo e come è possibile che le piccole pietre guidate dalla poetica di Rupnik possono trasmettere allo spettatore il dolore di Giuseppe d’Arimatea attraverso alla sofferenza di Cristo.

“Rupnik è l’artista degli icona e lavora negli espressioni degli occhi. Guarda la sofferenza di Giuseppe d’ Arimatea è impressionante l’emozione è più che una sofferenza, ma una tristezza profonda dell’anima trasmessa negli occhi”.

 Roma Room è uno spazio adatto per gli amanti dell’arte, i viaggiatori, che cercano conforto combinati con la bellezza e l’armonia delle forme.

Le opere d’arte

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Alcune opere esposte lì sono dei giovani artisti italiani come Giovanna Basile. “Donna al Bar”. Una scultura che segna uno stile molto personale. Le sue sculture delinea un corpo che sembra essere sempre in movimento. I colori tracciano un percorso nel corpo, l’arteria pulsante, la radice che si allarga.

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L’archivio fotografico di Giuseppe Bruno  che decora la caffetteria mostra l’abitudine dell’Ottocento in Italia, principalmente dal Sud dove è nato – Taormina, in Sicilia. La serie delle onde  ( il mare) di Angela Bonnavita  adorna le pareti della scala che conduce al secondo piano e le opere di Cristina in stampa su legno conferiscono un fascino alla decorazione, così come i lampadari  sono tutti uniche e realizzati con creatività e colore.

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Roma convive con gli opposti nella struttura della città, dove il presente e il passato ne fanno una città paradossale che sfida lo sviluppo moderno. Tuttavia, i romani sapono come sfruttare gli ostacoli nella proiezione del contemporaneo senza danneggiare ciò che è antico.

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The Division Bell - o décimo quarto álbum da banda.

Pink Floyd revive seus melhores momentos

The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains” é exposição vintage, saudosista e na mesma medida, exemplo de contemporaneidade  ao mostrar todas as possibilidades da tecnologia audiovisual numa mostra de arte, sobretudo quando o assunto é música.

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Da direita para esquerda, David Gilmour, Nick Mason, Roger Wright. Os três que iniciaram a banda.

Entrar no Museu de Arte Contemporânea, MACRO de Roma para ver  os Pink Floyd é se preparar  para fazer uma retrospectiva dos 50 anos de carreira de uma as primeiras bandas a criar em seus shows atmosfera bizzarra, sons assustadores e projeções psicodelicas. Ainda muito mais, desfrutar dos melhores momentos musicais dessa banda pop.

Com o auxílio de um fone de ouvido, o visitante tem a impressão que a mostra é dirigida a ele individualmente. Se parar na frente de um vídeo a entrevista começa a ser apresentada como se tivesse iniciada naquele momento.

As músicas são tocadas de acordo com o assunto que está sendo comentado no segmento em que o visitante vai passando: uma entrevista, um lançamento de álbum, os objetos dos artistas, entre outras situações. Essa sincronia entre o apreciar a imagem e escutar a música relativa a imagem é como se sentir parte da história.

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Por exemplo, The Endeless River, o décimo quinto e último álbum de estúdio da banda britânica, um tributo ao tecladista Richard Wright seis anos depois de sua morte em 2008, no final da retrospectiva, onde roteiro é sentido musicalmente sobre a homenagem feita ao amigo que gostava de velejar.

Como começou

Os estudantes de arquitetura Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright se encontram no Regent Street Polytecnich, em Londres, em 1962. Depois de terem formado grupos com diversas ideias, em 1964, chamaram por intermédio de Roger, “Syd” Barrett como compositor, cantor e guitarrista.

Syd Barrett era um estudante de arte vindo de Cambridge e amigo de infância de Roger. As  experiências deles nessa cidade influenciaram por muitos anos as composições da banda. Dizem que o nome Pink Floyd surgiu porque eles eram apaixonados por dois músicos de ‘blues’ Pinkney ‘Pink’ Anderson e Floyd ‘Dipper Boy’  Council.

O novo integrante, Syd permaneceu pouco tempo na banda. Saiu ainda no final da década de 60 do grupo, aliás, foi afastado por comportamentos estranhos, atribuído ao uso excessivo da droga LSD.

Invenções sonoras

“A música dos Pink Floyd  estimula a sinapse para desnorteiar as emoções, sugere respostas inocentes e depois coloca interrogações nefastas, manipula os estados de ânimo e desafia os preconceitos… o terror e a compreensão são inseparáveis, as superfícies sonoras se expandem em múltiplas dimensões, um sintetizador se transforma em uma astronave, uma guitarra emite sinais intergalácticos, a bateria é um batimento cardíaco e o baixo pulsação.” Kris Dilorenzo, Trouser Press – 1978.

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Os Pink Floyd  souberam construir uma herança visual, além de musical que ainda hoje é atual. Eles promoveram imagens que fizeram a história da cultura pop: de um prisma de The Dark Side of the Moon até o célebre porco rosa da cobertura do álbum Animals.

https://www.youtube.com/watch?v=VRPZIhEcfcM&list=PLYjaa9h0s4AbhtIDm0pV2uKP2T-eFUqqY&index=8