Niente è più emblematico come l'immagine della macchina da scrivere.
La foto si riferisce a qualcuno che la usa per scrivere ed essere ispirato con l’arte con lo uso delle parole. La domanda è: quando vedete una macchina da scrivere avete pensato di subito in uno scrittore?
È sicuro che non. Impossibile da fare questa conessione soggetiva tra il computer e lo scrittore.Il computer fa parte della vita quotidiana e viene utilizzato in tutte le funzioni a vita nelle società. A differenza della macchina da scrivere, che in certi periodi, anche se usata in altre professioni, era un’icona e un marchio dello scrittore, come un personaggio inseparabile da lui.
È un fatto! Tanto che la macchina da scrivere rossa nella foto appartiene a Jaqueline D’Hipolito Dartora, giornalista, scrittrice e anche collaboratrice di PanHoramarte. A volte non esita a premere freneticamente le tastiere, quando è ispirata a scrivere cronache e racconti . Un fascino, senza dubbio,in una piacevole atmosfera vintage.
Quindi, l’immagine della macchina da scrivere rappresenta soggetivamente lo scrittore. È un modo poetico d’onorare gli scrittori, tutti quelli che sono stati sedotti dall’arte delle parole e dei loro significati, in particolare i nostri collaboratori, Erol Anar, Simone Bittencourt Chauy, Luiz Manfredini , Jaqueline Dartora.
Da parte mia posso garantire che scrivere rappresenta la mia vita. La mia cura. Ne ho tolto il sostentamento e lo continuo a leggere e scrivere come se fosse una droga in cui non riesco a liberarmi.
Quando scrivo ricordo sempre la mia bisnonna Marie, da parte della mamma che viveva in un’epoca in cui le donne non avevano molte possibilità di leggere e scrivere. Principalmente, in una città di immigrati come Curitiba nel XIX secolo, in Brasile.
Marie era una guerriera nella sua vita, probabilmente un po ‘frustrata. Ha avuto otto figli e all’inizio del suo matrimonio (17 anni) ha preso una sculacciata dalla madre, quando è stata sorpresa sdraiata a letto a leggere un romanzo e il pranzo in cucina dimenticato. Leggete la storia di Marie – Essere casalinga, io?
Anch’io mi lascio sedurre dall’arte delle parole. Nella lettura ho seguito tutti i livelli intellectluali. Con più o meno 10 anni di età mi sono dedicata a leggere i libri “l’acqua con lo zucchero” che erano della mia madre. In poco tempo ero stanca da questa litteratura quasi racconte di fate. Con miei 14 ho cominciato a leggere i libri del mio padre, che al comando di mia madre sono stati gettati nella soffita. Erano troppo piccanti, diceva lei. Era il pensiero di mamma limitato all’amore passionale. A papà piacevano anche la buona letteratura dei classici e l’avventura.
È certo che il vietato ha sempre suscitato più curiosità. Così, nascosta nel soffito ho letto tutto che mi ha datto voglia di leggere. All’età di 14 anni ho letto La storia della prostituzione, A Carne, di Julio Ribeiro, Kama Sutra, Casa de Pensão, di Aluízio de Azevedo, e altri classici piccanti e molti come José de Alencar e Machado de Assis, famosi brasiliani.
La scrittura è un’arte che può essere paragonata a ciò che un artista sente nella concezione della sua tela, nella sfumatura e nell’uso dei colori, nelle linee della sua creazione. Come un artista, senza il dipinto, però con la parola che lo sostuisce, lo scrittore a sua ispirazione migliora il significato della frase, mettendo una parola qui l’altro lí. Un percorso eccitante e la ricerca del senso fa brillare gli occhi con l’emozione.
Un estratto dal testo / poesia di Pablo Neruda dice tutto:
Tutto quel che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono…Mi inchino dinanzi a loro…Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo…
Amo tanto le parole…Quelle inaspettate…