La visita nei laboratori delle scuole era frequente nel mio girovagare come un insegnante di Scienze.
Tra una o l’altra esperienza, ho scoperto un fenomeno inedito, originale e importante, per quanto riguarda la vita.Quando un seme germina e cresce nei primi giorni – e nonostante aumentare il suo volume producendo un gambo e alcuni foglie – la sua massa diminuisce. Per concludere questo, ho piantato fagioli in un vetro chiuso ermeticamente. Proprio così: in questi primi giorni di crescita,i due, la pianta e il vetro, pesavano ogni volta di meno!
Concludo che la vita ha bisogno di massa (prelevata dall’ambiente) e dell’energia. La materia fisica è fornita dall’ambiente, acqua, minerali ed energia,anche del sole, nella fotosintesi. E nella sua morte, il essere vivo ritorna all’ambiente la quantità di ‘enerma’ – energia e materia – che ha ricevuto.
Scoperta
Questa è la mia costante lotta a diffondere questa scoperta, finora senza molto successo. Quindi, specialmente per questo, ho lavorato con concetti teorici sul fondamento ‘vita’. Veramente è una questione molto complicata.
Quando ho iniziato il liceo, il mio insegnante di Biologia, José Pinto Rosas, ha definito cosa è ‘la vita’ di 32 modi diversi e questo ha provocato la mia ammirazione, non tanto per la sua conoscenza, ma dalla straordinaria memoria sua. Al concludere sul tema, dopo che ha parlato tutte le 32 definizione, ha finito con un detto popolare: ‘la vita è un buco!’
Senza ricordare il contenuto del discorso dell’insegnante, ora lo so che nessuna delle questi definizioni sarebbe completa. Semplicemente perché non è possibile tradurre direttamente, in parole, questa ‘scintilla’ invisibile che è la vita. Si può, quando molto, definirla attraverso le sue proprietà o gli effetti.
Come i miei studenti hanno confuso il concetto ‘vita’ con ‘organismo vivente’, e per chiarire a loro, usavo come esempio, l’interpretazione di un capolavoro creato da più di cinquecento anni e in un epoca in cui questo tipo di conoscenza non esisteva: la pittura del soffitto della Cappella Sistina da Michelangelo.
E sorprendente! Nella opera ci sono ‘impossibili’ che il genio trasformava in ‘possibili’.
Si inizia con la figura di Dio. Siamo d’accordo che per rappresentare Dio in ogni circostanza è impossibile. Dio è l’Assoluto! Ma non è didatticamente bello vederlo – nell’invenzione del pittore – come un simpatico vecchietto, barba bianca e circondata da angeli? Inoltre, dipinto sul soffitto della cappella, abbiamo bisogno di alzare la testa per ammirarlo, ci costringe a riconoscere la nostra piccolezza davanti al Creatore.
Le pennellate del Michelangelo sono riusciti a rappresentare ulteriormente la bontà infinita di Dio. Come? Guarda che il Creatore nella pittura si inclina umilmente e allunga il braccio per raggiungere l’uomo. Infatti l’atto ha denunciato la sua magnitudine e in certo senso, l’amore evidente per la sua creatura.
Non è la stessa posizione nel momento del bacio di una coppia? Generalmente ogni uno contribuisce con il suo spostamento – anche minimo – verso l’altro.
Un amore contenuto all’interno di un atto reciproco!
Nell’interpretazione del pittore, il tocco divino non si ha completato e c’è un piccolo spazio tra il dito di Dio e la creatura. In questo caso il pittore – intuitivamente o no – introduce un altro sentimento umano che è la speranza. Ed è la speranza che dà la certezza allo spettatore che questo atto divino sarà completato.
L’opera insinua l’intenzione divina. Un trasferimento. Qualsiasi bambini capisce quello che Dio sta offrendo all’uomo.
E non dicono che un’immagine vale più che mille parole?